VALUTAZIONE DEL COMPORTAMENTO
Immaginate il caso di un ragazzo che studia assiduamente, ma durante l’anno scolastico ha fatto 240 ore di assenza (40 giorni), per gravi problemi familiari che non vuole riferire a scuola: sarà punito con un sei in condotta perché non ha potuto lasciare solo suo padre, pericolosamente depresso a causa della perdita del proprio lavoro?
Consultiamo con particolare attenzione la normativa vigente. L’art. 3, c. 1, del D.P.R. 249/1998, “Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria”, stabilisce che “gli studenti sono tenuti a frequentare regolarmente i corsi e ad assolvere assiduamente agli impegni di studio”. Quindi l’assiduità è richiesta soltanto agli impegni di studio, mentre la frequenza deve essere semplicemente regolare. Qual è la regolarità? L’art. 11, c. 1, del D.Lgs. 59/2004 sancisce per il primo ciclo che “ai fini della validità dell’anno, per la valutazione degli allievi è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato”, e l’art. 14, c. 7, del D.P.R. 122/2009 stabilisce altrettanto per il secondo ciclo. Con una lettura attenta di quest’ultimo comma e del c. 10 dell’art. 2, apprendiamo che la valutazione può essere effettuata “a condizione che le assenze complessive non pregiudichino la possibilità di procedere alla valutazione stessa”, e possiamo verificare che non c’è nessun altro rapporto fra assenze e voto in tutto il decreto citato. Quindi il Legislatore ha considerato casi simili al nostro esempio iniziale, e dobbiamo constatare che il voto in condotta non può essere motivato dal numero di assenze degli studenti.
Avete letto il contrario su noti siti web? A scuola hanno stabilito criteri molto rigidi riguardo alle assenze, con l’intento di contrastare la dispersione scolastica? Francamente, in questo modo contrastano soltanto i diritti degli studenti: la dispersione scolastica è vinta dai bravi insegnanti che sono anche bravi educatori, capaci di destare interesse per la propria materia. Chi impone regole pregiudizievoli, dovrebbe approfondire la normativa vigente, e rendersi conto che a decretare gli argomenti e i criteri alla base della valutazione della condotta è lo Statuto, artt. 3 e 4 del D.P.R. 249/1998, mod. dal D.P.R. 235/2007. Sulla base dei doveri citati nei sei commi dell’art. 3, dei princìpi dell’art. 1, dei criteri dell’art. 4, e dei riferimenti alle sanzioni disciplinari, le istituzioni scolastiche devono individuare e motivare, in autonomia, tutti i dettagli che in assoluta trasparenza determineranno i voti in condotta degli studenti. Ce lo conferma l’art. 4, c. 4, del D.P.R. 275/1999, chiarendo che le istituzioni scolastiche devono individuare “le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale“.
Il c. 5, art. 200, del D.Lgs. 297/1994, fissa un’esenzione dal pagamento delle tasse scolastiche per gli studenti che abbiano conseguito una votazione non inferiore agli otto decimi di media negli scrutini finali, e la perdita di tali benefici al comma 11, se gli stessi incorrono in una sospensione superiore a cinque giorni, indicando quindi una precisa equivalenza con la media dell’otto: in una ipotetica griglia comprendente i sei doveri dell’art. 3 ed eventuali sanzioni, dalle quali ricavare un voto di media, le sospensioni fino a 5 giorni dovranno corrispondere alla valutazione di 8/10.
Purtroppo non è noto a tutti quanto è stabilito nel c. 3 dell’art. 4 dello Statuto: “Nessuna infrazione disciplinare connessa al comportamento può influire sulla valutazione del profitto”. Ciò vuol dire che il comportamento non può influire sui voti delle varie materie. Vi hanno detto che chi non si comporta bene merita voti più bassi? 50 anni fa si decideva così, oggigiorno non è permesso dalla legge. Vi chiedete se si possa essere bocciati nonostante un rendimento scolastico da sufficiente in su? La bocciatura è decisa solo in casi estremi: quando il Consiglio di Istituto irroga una sospensione superiore a 15 giorni e nega la possibilità di recuperare l’anno scolastico con un esame finale. In questo caso, però, si tratta di delinquenza che coinvolge il Ministero della Giustizia.
VALUTAZIONE COERENTE
L’art. 7, co. 1, del D.P.R. 122/2009 ci dice che la valutazione del comportamento si realizza anche “nella conoscenza e nell’esercizio dei propri diritti”. Quindi bisogna che la scuola informi adeguatamente gli studenti – c. 3 dell’art. 2, c. 3 dell’art. 5 bis, e c. 2 dell’art. 6, D.P.R. 249/1998, mod. dal D.P.R. 235/2007 – e che metta in pratica i loro diritti – art. 2 dello stesso Statuto – altrimenti non è corretto che esprima un voto in condotta. Nelle scuole del nostro Paese, la disinformazione sulle leggi della scuola può essere definita purtroppo sistematica. Capita spesso di sentire qualcuno che decanta la cultura del rispetto, ma spesso non considera che deve essere promossa e attuata con rispetto reciproco, parimenti in un’ampia visione.
Eppure, l’insegnamento dell’Educazione Civica è obbligatorio trasversalmente da alcuni anni, seguendo la Raccomandazione del Consiglio dell’U.E. 22/05/2018, con la Legge 92/2019, in tutti i gradi di studio, anche nella scuola dell’infanzia. Addirittura, le competenze chiave di cittadinanza sono state decretate in Italia molto tempo prima, con il D.M. 139/2007: nel testo dell’allegato 2, al punto 5, è scritto che gli studenti devono imparare a far valere i propri diritti.
Per voler affermare l’autorevolezza dei docenti, non occorre imporre maggiore rigore ma dimostrare la propria coerenza: il più efficace metodo educativo è dare il buon esempio. La presenza di un torto, di una contraddizione in ciò che viene imposto a uno studente, è avvertita come atto di prepotenza e produce reazioni negative comunque preoccupanti, teoriche o pratiche che siano.
Non occorre usare il pugno di ferro quando si mostra con il proprio comportamento come si rispetta la legge. È su basi già previste dalla legge che potremmo avviare ampiamente la formazione di futuri buoni cittadini, raggiungendo tutti, senza accontentarci delle eccellenze.
